mercoledì 16 ottobre 2013

Una serata di merda.

Avete presente la donna dei vostri sogni.. Quella che desideravate da sempre, ma non avevate mai il coraggio per farvi avanti? Bene, lei per me era questo. Erano due anni almeno che volevo invitarla ad uscire, ma non ne avevo mai avuto il coraggio. Quella sera mi trovai con i miei amici per una festa in un locale all'aperto, era un venerdì. Complici conoscenze in comune, c'era anche lei con delle sue amiche. Dio quanto era bella, quanto ero pazzo di lei. Verso metà serata, grazie all'aiuto di svariati alcolici, mi ritrovai a chiacchierarci insieme. Parlammo per quasi due orette ed il tempo volò. Giunto il momento dei saluti ci scambiammo i numeri di telefono e con mia grande sorpresa lei mi domandò se l'indomani volessi uscire a cena o a bere qualcosa. Accettai volentieri dato che non aspettavo altro. Arrivato a casa passai buona parte della notte e del giorno successivo a messaggiare con lei, avevamo molto feeling. Finalmente giunse la sera. Passai più tempo del solito in bagno a prepararmi, doveva essere tutto perfetto. Era una vita che aspettavo quel momento. Mi presentai sotto casa sua con quindici minuti di anticipo, con la macchina impeccabilmente lustra, scesi, mi accesi una sigaretta e attesi. Poco dopo arrivò, era una visione ancestrale, un vestitino corto nero, pelle abbronzata, capelli castani sciolti che le ricadevano sulle spalle e quel sorriso. Quel sorriso che già dalla prima volta che lo vidi due anni or sono, mi rubò un pezzo di cuore. Salimmo in macchina e la portai nel ristorante più carino della zona. Il cibo era ottimo, mangiammo e bevemmo parecchio, tra giochi di sguardi complici e risate. Era tutto perfetto, finimmo di mangiare e dopo un caffè con annesso amaro ghiacciato, uscimmo a fumare. E fu in quell'occasione che ci demmo il primo bacio. Le sue labbra erano soffici come seta, il suo sapore era un nettare paradisiaco. Mi sembrava un sogno, i nostri ormoni, messi in fermentazione da una discreta quantità di alcolici erano in subbuglio. Decidemmo di andare ad appartarci con la macchina. Ero pieno come un uovo e avevo un po' di fastidio alla pancia, ma ignorai il tutto, era normale con tutto quel cibo e alcol, anzi della sana ginnastica sessuale non poteva far altro che aiutarci a digerire. Ci fermammo in un parcheggio ai margini delle rotaie della stazione ferroviaria solitamente frequentato dalle coppiette, e cominciammo a baciarci con passione, ad accarezzarci, fino a che lei mi guardò con occhietti maliziosi e mi disse di andare sui sedili dietro che saremmo stati più comodi. Una volta dietro, tirai avanti i sedili anteriori per aver ancora più spazio e lei mi sbottonò i calzoni. Ero al massimo dell'eccitazione, mi tolse tutti i vestiti e cominciò a baciarmi il petto, scendendo lentamente verso il mio uccello che era talmente turgido che avrei potuto usarlo per spaccarci i finestrini. Era tutto perfetto, se tralasciavo quel fastidio alla pancia, ma non era importante dato che nemmeno nelle mie più rosee previsioni avevo immaginato uno scenario del genere. Fino a due giorni prima la desideravo con tutto me stesso, senza essere mai andato oltre un timido "ciao" quando i nostri sguardi si incrociavano, e adesso era qui davanti a me e stava per succhiarmi il cazzo, stavo per farci l'amore. Girai il corpo verso di lei e avvicinai le mie gambe al mio petto in modo da lasciarle più spazio possibile. La sua bocca era magica, le sue calde labbra vellutate avvolsero nel loro tenero abbraccio lussurioso il mio glande, gonfio e sodo come non mai, la sua lingua giocava, vorticava, ero in paradiso, ero totalmente in un altro mondo, in estasi, le sue mani mi accarezzavano dolcemente lo scroto e massaggiavano il perineo, mio dio era stupendo. Non riuscivo più a resistere, e glielo dissi, stavo per sgorgare la mia Santa Acqua perlata di gonadi come la manichetta di un pompiere, ma lei non voleva saperne di fermarsi, anzi aumentò l'intensità del ritmo e del massaggio. Ormai non potevo più tornare indietro, nulla poteva arrestare la bianca e calda lava testicolare che si preparava a sgorgare dal mio glande pulsante e gonfio di sangue in pressione. Totalmente preso dall'enfasi dell'orgasmo non mi resi conto che lei aveva puntato il suo ditino contro il mio ano, se solo l'avessi percepito, magari sarebbe andata diversamente. Nell'attimo in cui il mio cappellone iniziò a pulsare come il cuore di un cavallo vomitando il caldo nettare nella sua bocca, lei con un movimento deciso inserì nel mio foro il suo piccolo dito. Nel giro di una frazione di secondo mi resi conto di cos'era quel fastidio alla pancia, ma era tardi ormai. Quel dito aveva ormai aperto una valvola che non poteva essere richiusa; come una pentola a pressione un violento sbuffo d'aria intestinale aprì le danze, non appena il dito fu rimosso, da quel piccolo foro uscì uno stronzo delle dimensioni di una bottiglia d'acqua da mezzo litro che le si depositò in grembo, come fosse un piccolo neonato adagiato sulla madre subito dopo il parto. Una volta liberatosi del tappo solido, il crudele intestino cominciò ad espellere getti della consistenza di un purè di patate investendola in pieno volto. Accecata dalla merda, urlando e vomitando riuscì tastando a trovare la maniglia della portiera, la spalancò e si gettò fuori proprio mentre il terzo getto semi liquido la centrò in pieno petto, io ero allibito, eiaculavo e spruzzavo dal culo in contemporanea. Non feci nemmeno in tempo ad urlarle di stare attenta, si stava allontanando dalla macchina strisciando sul pavimento come un Marines, non potei far nulla, il tutto avvenne troppo velocemente, si alzò in piedi e fu in quel momento che passò il treno e la travolse in pieno. Cercando di fuggire dal mio culo impazzito aveva involontariamente firmato la sua condanna a morte. Così giovane, così bella, non meritava una fine del genere. Mi rimisi al posto di guida, accesi la macchina e me ne andai. L'indomani avrei passato il pomeriggio a cercare di far tornare vivibile la mia povera macchina. Nessuno doveva sapere, era un incubo. Sarebbe stato il mio segreto. Che serata di merda. [PdD]

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